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Uno degli approfondimanti richiesti dal Prof in questo nostro blog sulla geometria riguarda proprio l’autopercezione e l’autorappresentazione.

Dopo aver riflettuto un po’ su tale tema, ho deciso di parlare di me attraverso una mappa concettuale, delle fotografie e dei disegni dei miei alunni, così da non annoiare troppo i lettori con lunghe spegazioni.

Son quadrato e son perfetto
  assomiglio a un fazzoletto
Se mi allungo un pochettino
  faccio un bel rettangolino
Triangolo mi ha chiamato
  da tre punte son formato,
  sono un poco spigoloso
  ma non son pericoloso
Son rotondo e so un cerchio
  giro spesso nel bel mondo
  giro in auto e in motocicletta
  e la vita godo,  senza fretta.


LAVORANDO CON QQ STORIE

Ma cosa è possibile relizzare con questo affascinante programma?

IL MONDO!!

Qui di seguito pubblico alcuni lavori che ho avuto modo di fare lo scorso anno, insieme alle mie colleghe universitarie.

QQ storie: che cos’è?

Letteralmente significa quaderno a quadretti; sono, cioè, storie con disegni eseguiti su un quaderno a quadretti elettronico.

QQ.storie è una collezione di storie, ognuna delle quali ha vita autonoma; ogni storia è un mondo a sè, un micro-mondo: un mondo fatto di poche azioni e pochi oggetti, in cui è facilissimo muoversi.

Esso dà ai bambini un’opportunità in più di astrarre.

QQ.storie è una palestra per la realizzazione di programmi multimediali interattivi.

Attraverso QQ.storie è possibile costruire micromondi per imparare ad imparare, pertendo, come si diceva, dalla metafora del buon vecchio quaderno a quadretti, attraverso la riscoperta dehli aspetti matematici di alveari,pavimenti, cristalli ed altre strutture matematiche nascoste nella realtà di tutti i giorni.

QQ.storie è dunque un ambiente virtuale in cui è possibile imparare ed insegnare la matematica, come se fosse una lingua nativa; in tale ambiente è possibile imparare a pensare come pensano i matematici e gli informatici, senza alcuna pretesa di divenire matematici o informatici professionali.

Lo scopo è dunque quello di favorire l’apprendimento della matematica nei bambini trattandoli come se fossero dei piccoli scienziati.

Esiste poi un sito interamente dedicato al programma QQ.storie

http://www.slideshare.net/ipergio/qqstorie-240-slides-rivisitate-il-28-giugno-2008

Questo sito serve come punto di riferimento per tutti coloro che usano il programma QQ.storie, che troveranno qui una serie di risposte alle domande più frequenti.

Nel sito si può trovare un’eccellente presentazione in Power Point (240 slides) che rappresenta il documento che spiega le ragioni per la costruzione di QQ.storie e contiene alcuni cenni al funzionamento del programma.

Buona Visione!

Federica

“Iperlogo consente una esperienza diretta di apprendimento consapevole: è, cioè, uno strumento di didattica metacognitiva. Il computer, in verità, è una scusa, una specie di velo per nascondere, almeno all’ inizio, il fatto che stiamo imparando a imparare. Nella prospettiva metacognitiva, a noi non interessa tanto il mezzo (il computer, internet), quanto il fatto che attraverso questo mezzo la mente riflette su sé stessa e, se tutto va bene, prende letteralmente il volo. Questa strategia è risultata utile e, a mio giudizio molto valida, sia nei corsi di informatica che in quelli di Didattica della matematica e di Matematiche Elementari. Perché uno di motivi della paura della matematica che rappresenta una vera e propria epidemia distruttiva delle capacità di apprendimento dei nostri studenti è dovuto alla paura di imparare cose nuove, alla paura di adottare un metodo che, a ben vedere, è la sostanza del metodo scientifico. Abbiamo accennato al fatto che il percorso che svolgeremo è un percorso di apprendimento in chiave metacognitiva, ovvero di consapevolezza. Attraverso questo percorso vogliamo venire incontro a chi vuole imparare il linguaggio pedagogico Iperlogo per imparare – nientedimeno! – a pensare, a ragionare e a costruire oggetti complessi come fanno tutti coloro che lavorano e costruiscono oggetti interessanti a livello simbolico.

Iperlogo è un linguaggio per comunicare con il computer basato su circa 560 parole primitive e sulla capacità di ‘imparare’ nuove parole. Nella versione di Iplozero 2009, che voi dovete avere per imparare il linguaggio mentre leggete questo libro, oltre alle parole primitive, Iperlogo riconosce un altro migliaio di parole che noi gli abbiamo insegnato per rendere più facile l’ interazione con lui.

Quando si parla di linguaggio di programmazione in informatica si intendono due cose distinte:
• un sistema di comandi basati su delle parole e su delle regole di sintassi che governano la “formazione delle frasi”, insieme con dei meccanismi per consentire di scrivere, modificare, provare la correttezza delle frasi

• un sistema che traduce (interpreta) le frasi scritte con il linguaggio Iperlogo in ordini per il computer: dunque Iperlogo è un sistema per dare comandi al computer, per fare in modo che lui faccia quello che desiderate.
In modo particolare, con Iperlogo, si possono dare al computer dei comandi per pilotare sullo schermo un esserino chiamato tartaruga – tarta per gli amici! – in modo che, muovendosi, lasci una traccia e formi dei bellissimi disegni di carattere geometrico.
Nei linguaggi interattivi, come è il caso di Iperlogo, la funzione del linguaggio come sistema di regole e quella del traduttore – esecutore praticamente si confondono.
Nel senso che il dialogo con Iperlogo si svolge da subito con le parole del linguaggio e i primi comandi hanno un effetto immediato e visibile sullo schermo.
La prima parola che si impara in Iperlogo e che si digita sulla finestra dei comandi è infatti puliscischermo che toglie dalla finestra di tarta la cosiddetta “copertina” e mette Iperlogo in condizione di ubbidire ai vostri comandi immediati.
In Iplozero abbiamo cercato di rendere ancora più semplice l’ interfaccia con l’ utente e dunque abbiamo riunito in un solo comando dal significato intuitivo tutte le operazioni che si devono fare per passare dalla copertina alla realizzazione del primo disegno realizzato con l’ aiuto della tartaruga. Questo comando è tarta.apparecchia che rappresenta un invito rivolto alla tartaruga perché 1) pulisca lo schermo 2) colori di bianco la finestra in cui opera 3) scelga il colore nero come colore della vernice in cui immerge il pennello per dipingere 4) scelga, per disegnare, il pennello più sottile 5) abbassi il pennello per essere immediatamente a disegnare appena le diremo di spostarsi.

Dunque Iperlogo è proprio il classico esempio di automa, a cui noi diamo ordini. Gli ordini più semplici e immediati – che chiameremo comandi – vengono dati all’ automa Iperlogo nella finestra dei comandi. I primi ordini vengono tuttavia recepiti da un automa subordinato di Iperlogo, una specie di tartaruga elettronica rappresentata sullo schermo da un triangolino, che per gli amici prende il nomignolo confidenziale di tarta.

Con Iperlogo si può far fare al computer praticamente qualunque cosa, perché il linguaggio è definito in modo generale e risulta teoricamente equivalente a qualunque altro linguaggio di programmazione, come quelli che sono serviti a costruire il sistema operativo Windows o la suite dei programmi di Office.
Tuttavia dire che Iperlogo può fare tutto è una specie di illusione ottica, o meglio una pia illusione! Perché Iperlogo è molto lento, rispetto a tanti linguaggi più moderni ed efficienti; e la sua memoria si esaurisce con facilità.
Tuttavia Iperlogo è molto adatto per scopi educazione, perché tutto quello che fa e fa fare al computer è relativamente trasparente e può essere seguito passo passo dall’ utente finale, che si suppone essere un bambino o un ragazzo in età compresa tra i 6 e i 18 anni.
Dal punto di vista didattico, Iperlogo può essere utilizzato in classe, per supportare l’insegnamento di qualunque materia, nel senso che con Iperlogo si possono costruire delle unità di apprendimento che virtualmente possono coprire qualunque settore del curriculum scolastico.
Ma di nuovo, lo scopo fondamentale per cui si usa questo linguaggio, che viene classificato nella categoria dei linguaggi “pedagogici” o “piagettiani” è quello di insegnare a pensare come pensano gli informatici e i matematici, scomponendo i problemi in sottoproblemi e trovando i procedimenti per costruire oggetti complessi scomponendoli in oggetti via via più semplici.
Da questo punto di vista, dal punto di vista dell’ imparare a pensare, Iperlogo è insuperabile.
Una vera e propria palestra per il pensiero costruttivo, ovvero, come ha dice Horacio Reggini, uno strumento per dare ali alla mente.
Perché pensare in Iperlogo è un po’ volare e un po’ sognare: tutto diventa possibile, se uno impara a costruire le cose complesse partendo dalle cose semplici. Un po’ come farebbe un artigiano: pensiamo ad un falegname esperto, che prepara i pezzi ad uno ad uno per poi montarli come pensano gli informatici e i matematici, scomponendo i problemi in sottoproblemi e trovando i procedimenti per costruire oggetti complessi scomponendoli in oggetti via via più semplici. Da questo punto di vista, dal punto di vista dell’ imparare a pensare, Iperlogo è insuperabile.
Una vera e propria palestra per il pensiero costruttivo, ovvero, come ha dice Horacio Reggini, uno strumento per dare ali alla mente.
Perché pensare in Iperlogo è un po’ volare e un po’ sognare: tutto diventa possibile, se uno impara a costruire le cose complesse partendo dalle cose semplici. Un po’ come farebbe un artigiano: pensiamo ad un falegname esperto, che prepara i pezzi ad uno ad uno per poi montarli.
In realtà è vero che un falegname, un muratore, un elettricista pensano “dal basso”, cominciando a prepararsi i pezzi che poi metteranno assieme, assemblandoli, come si suol dire. Ma è anche vero che un falegname che costruisce, mettiamo, una libreria, deve avere in mente un progetto molto preciso, senza il quale la libreria non uscirebbe mai dalle sue mani. Un procedimento simile, deve essere adottato da chi intraprende la strada di imparare a programmare Iperlogo, che vuol dire, in realtà, imparare a pensare con la scusa di programmare un computer. Per questo motivo abbiamo parlato, in passato, di artigianato della mente. Un programmatore esperto di Iperlogo mentre prepara un programma può dare l’ impressione di procedere come un falegname. E può nascondere i suoi piani, mostrando, attraverso la sua competenza, la capacità di procedere dal basso in alto.
Ma è vero piuttosto che la nostra mente, quando pianifica e realizza un piano di azioni, procede un po’ dall’ alto e un po’ dal basso. In questo senso imparare a programmare in Iperlogo, ovvero dare al computer le ali per la mente, può servire a dare consapevolezza a chi pratica questo tipo di artigianato del funzionamento della propria mente dal punto di vista della costruzione di abilità complesse. Quindi può essere una fantastica scuola di didattica metacognitiva. Iperlogo può infatti essere usato per imparare ad imparare e scoprire, fin da piccoli, come funziona il computer e come lavorano gli esperti dei computer, i cosiddetti programmatori.
Ma anche come funziona la mente degli scrittori, dei musicisti, dei registi, dei matematici, di tutti quelli che usano la propria mente per svolgere attività di tipo simbolico”.

I fantastici mondi di Iperlogo, G.Lariccia

CHE COS’E’ IPLOZERO?

Logo–> Iperlogo–> Iplozero

-“iplozero” è un progetto nato negli Usa nel 1968 tramite finanziamenti pubblici per dare origine ad un’educazione assistita del computer; esso mira a rendere i bambini protagonisti di un dialogo con il computer.
-“iperlogo” è un linguaggio da utilizzare per comunicare con il computer.
Esso si basa su circa 560 parole primitive e sulla capacità di imparare nuove parole.

Per quanto riguarda qualche cenno teorico, secondo Piaget e Papert, la mente ha bisogno di materiali da costruzione appropriati, esattamente come un costruttore: il prodotto concreto può essere mostrato, discusso, esaminato, sondato e ammirato, di conseguenza la conoscenza si realizza costruendo.

In effetti, la matematica è molto vicina a questo modello. I bambini devono diventare dei piccoli matematici/scienziati e devono guardare all’errore come a qualcosa che dà l’occasione di capire meglio quello che si sta facendo.

Il LOGO, dunque, risulta uno strumento per imparare ad imparare: uno strumento epistemologico. Il bambino è posto al centro: egli diviene consapevole di come si apprende e di come si conosce.

IPLOZERO, invece, è da considerarsi come un automa che segue le indicazioni date dall’operatore.

In modo particolare, con Iperlogo, si possono dare al computer dei comandi per pilotare sullo schermo un esserino chiamato tartaruga – tarta per gli amici! – in modo che, muovendosi, lasci una traccia e formi dei bellissimi disegni di carattere geometrico.

Per quanto riguarda il livello pratico di Iplozero, ci è stato chiesto di realizzare il nostro primo rosone eseguito con l’ aiuto della tartaruga.

I comandi vengono da noi trascritti sul FOGLIO o sulla FINESTRA DEI COMANDI (qui però si dà un solo

comando alla volta). Tarta, essendo un automa, risponde immediatamente a tutto ciò che noi trascriviamo, permettendo di realizzare figure di alta precisione e bellezza estetica.

Per curiosare ecco un link esemplificativo di alcuni dei lavori svolti fino ad ora:

http://www.box.net/updates

Non resta che provare per credere!

SAPPIAMO DAVVERO CHE COS’E’ LA GEOMETRIA?

“La parola geometria proviene dal greco e significa “misura della terra”. Ed Erodoto, il padre della storia, ritiene che la geometria sia nata presso gli antichi Egiziani, vari millenni a. C., per la necessità che questi avevano di ripristinare confini di proprietà, che ogni anno venivano cancellati dalle inondazioni del Nilo. D’altro canto è assodato che ancor prima altri popoli, come per es. gli Assiro-Babilonesi, ebbero spiccate cognizioni di geometria, oltre che di aritmetica.
Gli Assiro-Babilonesi abitavano in Mesopotamia, la vasta pianura che ha per confini naturali i due fiumi Tigri ed Eufrate, che attualmente si può identificare con l’Iraq. Centro della loro vita politica e culturale era l’antichissima Babilonia. Essi, profondi cultori di Astronomia, erano abbastanza progrediti nelle cognizioni geometriche. Infatti, parallele, quadrati, triangoli, angoli retti s’incontrano fra le materie della civiltà babilonese; inoltre è certo che quei popoli della Mesopotamia erano in grado di calcolare con precisione aree di quadrati, di rettangoli, di triangoli rettangoli e persino di trapezi, mentre per determinare l’area del cerchio si servivano del valore π = 3. Presso gli Egiziani però si riscontravano più vaste e più profonde cognizioni matematiche, in gran parte raccolte nel famoso Papiro Rhind (2000 a. C. circa) – di contenuto aritmetico – geometrico – e nel Papiro di Mosca, interpretato dallo Struve. Ma, tanto presso gli Assiro-Babilonesi, quanto presso gli Egiziani le conoscenze matematiche servivano a scopi principalmente pratici. Spetta ai Greci, a partire da Talete di Mileto – uno dei sette savi dell’antica Grecia, (600 a. C. circa) – e Pitagora di Samo, fondatore della famosa scuola pitagorica a Crotone (540 a. C. circa), che forse fu allievo di Talete, il merito di aver elevato la matematica a dignità di scienza.

La geometria a fondamento degli studi filosofici

Sembra che presso i pitagorici la geometria sia stata posta per la prima volta sotto forma deduttiva.
Va pure ricordato il grande filosofo Platone di Atene (420-348 a. C.) a cui si debbono notevoli contributi circa la risoluzione di problemi geometrici e sopratutto nei riguardi dell’uso della logica nello studio della geometria, che egli metteva a fondamento degli studi filosofici. Si narra che egli raccomandava così caldamente lo studio della geometria da scrivere sulla porta della sua scuola: “Nessuno ignaro della geometria entri sotto il mio tetto”. Soleva anche dire: “Dio geometrizza sempre”. Ulteriori progressi la geometria compie, dal punto di vista razionale, dopo che Aristotele, il grande discepolo di Platone, dà alla logica una importantissima sistemazione.

Euclide e gli studi euclidei

In seguito il pensiero greco trova la sua meravigliosa sintesi in Euclide vissuto in Alessandria verso il 300 a. C. Egli nei suoi Elementi, di contenuto aritmetico-geometrico, raccoglie e sistema tutto il complesso delle conoscenze matematiche del tempo secondo un mirabile schema logico-deduttivo. Gli Elementi hanno avuto una diffusione seconda solo alla Bibbia, e costituisce il più grande monumento che l’uomo abbia saputo elevare alla matematica. Le matematiche elementari, così come vengono insegnate, non differiscono nei fondamenti dalla impostazione di Euclide, che scrisse gli Elementi in Alessandria, subito dopo la fondazione della città, nell’epoca in cui il genio militare di Alessandro Magno unificava in un solo impero il mondo greco e quello orientale fino alle Indie, mentre Roma compiva la grande opera di unificazione della penisola italica, primo passo verso l’unificazione di tutto il mondo mediterraneo.

Archimede: il grande matematico, primo ingegnere dell’umanità

Nella storia della matematica un posto a parte spetta ad Archimede di Siracusa, vissuto verso il 287 a. C. Il grande scienziato – ucciso, come è noto, da un soldato romano durante il saccheggio di Siracusa nel corso della seconda guerra punica – è senza dubbio uno dei più grandi matematici di tutti i tempi. Egli per primo, affrontando i più ardui problemi rimasti fino a quel tempo insoluti, come per esempio quello del calcolo delle aree e dei volumi, gettò le basi del calcolo infinitesimale. Archimede affrontò, tra l’altro, il problema della rettificazione della circonferenza, che – com’è noto – consiste nel trovare un segmento lungo quanto una circonferenza data. Presso gli Assiro-Babilonesi, come già detto, si riscontra la regola che per rettificare la circonferenza basta triplicare il diametro: perciò si usa per π il valore 3, valore che si incontra successivamente nella Bibbia. Gli Egiziani assegnavano a π il valore 3,1604, che è più preciso di 3. Nella pratica noi adoperiamo il valore 3,14; che fu anche usato da Archimede, a cui va il grandissimo merito di aver fatto conoscere pienamente il numero π . Egli dimostrò che π è un numero decimale con infinite cifre e assegnò la legge per ottenerle.

Da Archimede a Gauss e Lindemann

Le grandi e geniali idee di Archimede non furono comprese pienamente dai suoi contemporanei. L’umanità poté recepirle nel loro giusto valore circa ventuno secoli dopo; quando – per opera di Bonaventura Francesco Cavalieri (1598-1647), Isaac Newton (1642-1727), Gottfried Wilhelm von Leibniz (1746-1716) e altri – furono definitivamente sistemati i concetti che governano l’infinitesimo. E la figura di Archimede giganteggia sempre più col progredire della Scienza. Gli antichi tentarono di rettificare la circonferenza adoperando la riga e il compasso, come si fa per altre costruzioni della geometria elementare. Essi però non poterono realizzare ciò, in quanto il problema non è risolubile con riga e compasso (partendo dal raggio). L’impossibilità di rettificare la circonferenza con riga e compasso è stata provata nel 1882 e discende da un famoso teorema di Ferdinand Lindemann (1852-1939), che enuncia la trascendenza di π (cioè, π non è soluzione di equazioni a coefficienti razionali). Se con riga e compasso sappiamo dividere un arco per metà, possiamo anche inscrivere in una circonferenza i poligoni regolari che hanno 3, 6, 12, 24 lati, e via raddoppiando; 4, 8, 16, 32, … lati; 5, 10, 20, 40, … lati. Gli antichi tentarono di risolvere il problema della divisione della circonferenza in parti uguali adoperando la riga e il compasso anche in tutti gli altri casi, ma non vi riuscirono. Il loro insuccesso si deve al fatto che il suddetto problema non è in generale risolubile con l’uso di tali strumenti. Ciò è stato dimostrato da Carl Friedrich Gauss (1777-1855) nel teorema che dice: una circonferenza si può dividere in un numero n di parti uguali, mediante riga e compasso, soltanto quando n scomposto in fattori primi abbia i fattori diversi da 2 tutti alla prima potenza e tali che diminuiti di 1 diano luogo ad una potenza di 2. In base a questo teorema non è possibile con riga e compasso dividere una circonferenza in 7, 11, 13 parti uguali, perché tali numeri primi diminuiti di 1 non danno una potenza di 2. Analogamente non è possibile dividere la circonferenza in 9 parti uguali, perché 9=32 e il fattore 3 non si presenta alla prima potenza. E non è possibile dividere la circonferenza in 14 parti uguali, perché 14=2×7, e 7-1 non è una potenza di 2. Al contrario, mediante riga e compasso, è possibile dividere la circonferenza in 17 parti uguali, poiché 17-1 = 24. Va notato che la suddivisione della circonferenza in 17 parti uguali, era sfuggita completamente agli antichi, ed è frutto delle ricerche di Gauss.

Apollonio di Pergamo: precursore della geometria proiettiva
Di poco posteriore ad Archimede, e sempre nel III sec. a. C., va ricordato Apollonio di Pergamo, che svolse la sua magnifica attività scientifica ad Alessandria, come successore di Euclide nella cattedra di geometria di quella Università. Egli, per primo, sottopose a rigorosa critica gli Elementi di Euclide e nuove gemme portò alla geometria con i suoi studi sulle sezioni coniche, con i quali si rivelò un precursore dei più moderni concetti della geometria proiettiva. Il terzo secolo a. C. è detto giustamente il secolo d’oro della geometria, in quanto in esso videro la luce i tre sommi geometri: Euclide, Archimede, Apollonio, che, ben a ragione, furono detti i legislatori della geometria. In questo stesso secolo, per opera del sommo Archimede, avveniva in Sicilia il primo incontro dell’umanità con il calcolo infinitesimale. Alessandria, che ebbe per prima il privilegio di ascoltare la parola di Euclide e di Apollonio, restò per parecchi secoli il centro degli studi matematici, e da essa il mondo ricevette per moltissimo tempo la luce eterna della quale Euclide, Archimede ed Apollonio inondarono la geometria.

Applicazioni pratiche agli studi matematici

Col trascorrere del tempo la tradizione dei tre legislatori si va sempre più affievolendo, e in Alessandria gli studi matematici si rivolgono più che altro alle loro applicazioni pratiche. In questo periodo si distingue Erone di Alessandria, vissuto tra il I e il II sec. d. C., noto per la formula che dà l’area del triangolo conoscendo le misure dei lati. Dalla morte di Apollonio, la geometria classica non aveva più trovato nessun sostenitore. Tuttavia, durante il regno di Diocleziano (284-305), visse ad Alessandria uno scienziato animato dallo spirito che aveva posseduto Euclide, Archimede e Apollonio: Pappo di Alessandria, che verso il 320 compose un’opera dal titolo Collezioni matematiche. Questa opera è molto importante in quanto ci fornisce una preziosa documentazione storica concernente alcuni aspetti della matematica greca, che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti. Per esempio, è dal Libro V delle Collezioni che si è venuti a sapere della scoperta di Archimede dei tredici poliedri semiregolari, noti come “solidi archimedei”. Le Collezioni contengono anche dimostrazioni alternative e lemmi supplementari relativi a teoremi di Euclide, Archimede, Apollonio e Tolomeo. Il trattato presenta infine nuove scoperte e generalizzazioni che non è dato trovare in nessuna opera precedente.

Dagli Indiani ed Arabi al Medio Evo ed oltre

Successivamente il mondo mediterraneo entra nell’oscurità del Medio Evo e si perde quasi del tutto la bella tradizione del pensiero greco. Questo, però, passato con le conquiste di Alessandro Magno dal mondo greco agli Indiani, viene riportato nel decadente occidente cristiano dagli Arabi (600 d. C.), per influsso dei quali torna a fiorire in Europa e specialmente in Italia la purezza della tradizione greca, insieme con i motivi pratici presi dagli Indiani. Rifioriscono in tal modo gli studi di aritmetica che culminano nell’opera Liber Abbaci di Leonardo Pisano, detto il Fibonacci (1202). Il ritorno in Italia degli studi matematici che si compie in tal modo porta di conseguenza, nel volgere di qualche secolo, alla meravigliosa collana degli Algebristi Italiani del 1500, di cui daremo qualche cenno, ma in questa epoca va pure ricordato Francesco Maurolico (1494-1575) di Messina, a cui non poco si deve circa il ritorno degli studi di geometria alla pura tradizione Euclidea e intorno ai contributi che la geometria poté portare agli studi anche dell’ottica, che precorrono gli ampi sviluppi della geometria differenziale. Quindi Gerolamo Cardano (1501-1576), Nicolò Tartaglia (1500 circa-1557), Ludovico Ferrari (1522-1565) ed altri spalancarono all’umanità le porte dell’Algebra, e diedero successivamente a René Descartes (Cartesio, 1596-1650) e a Pierre de Fermat (1601-1665) gli strumenti necessari per la creazione della geometria analitica. Nella Geometria, opera di Cartesio, non si trova ciò che oggi viene insegnato a scuola con il nome di “geometria analitica o cartesiana”, né si parla di assi coordinati ortogonali che ci sono così familiari e che portano addirittura il suo nome. Secondo il Boyer (560) fu Newton il primo a introdurre in geometria analitica un sistema di assi coordinati ortogonali. Fermat aveva colto più chiaramente di Cartesio l’essenza concettuale della geometria analitica, l’“isomorfismo” fra struttura algebrica e struttura geometrica, cioè la traduzione esatta del linguaggio della geometria in quello dell’algebra e viceversa. Si ricorda ancora il Cavalieri che a partire dal 1635 fondò la Geometria indivisibilibus, James Gregory (1638-1675) che dal 1667 trattò la Geometriae pars universalis, e l’Exercitationes geometricae, pubblicati rispettivamente a Padova e a Londra.

Il contributo di Eulero

Nel 1706 William Jones (1675-1749) comincia ad usare il π nella Synopsis Palmariorum Matheseos, or A New Introduction to the Mathematics (Sinossi dei capolavori della matematica, ossia nuova introduzione alla matematica); nel 1737 fu l’adozione di questo simbolo da parte di Leonhard Euler (1707-1783) e l’impiego in numerosi manuali a diffonderne la conoscenza e l’uso. Lo stesso Eulero è stato giudicato come il più grande matematico del secolo XVIII per gli innumerevoli e fondamentali contributi che apportò a molti rami della matematica compresa la geometria. Nella breve trattazione non si può riferire che qualcosa delle sue innumerevoli scoperte e si dirà subito della relazione fra sei lunghezze, pur sé risultati equivalenti sono della geometria antica: 4rRs=abc, con s semiperimetro del triangolo di lati a, b, c , con r raggio del cerchio inscritto al triangolo ed R raggio del cerchio circoscritto. In particolare si ricorda che a lui si deve l’utilizzazione di schemi grafici per rappresentare i rapporti logici, il cui precursore fu il già citato Leibniz che si occupò della branca della geometria che tratta delle relazioni che dipendono solo dalla posizione e che studia le proprietà di posizione, cioè la Geometria di posizione (geometria situs), la cui dizione oggi è “topologia”. I grafi di cui sopra vengono chiamati “diagrammi di Eulero” o anche “diagrammi di Eulero-Venn”, dal logico inglese John Venn (1834-1923). E’ arduo il compito di dare un’idea dell’opera di Eulero, al quale si deve la risoluzione del problema “dei sette ponti di Königsberg” o di un numero qualsiasi di ponti e regioni che si traduce in un problema di percorrenza di grafi e i risultati di Eulero valgono per qualsiasi problema che ammetta la stessa rappresentazione. Tra l’altro, dal 1728 Eulero trattò anche la geometria analitica, tanto che sui Commentarii di Pietroburgo pubblicò una serie di articoli sulle coordinate dello spazio tridimensionale formulando le equazioni generali di tre classi delle superfici di cilindri, coni e superfici di rivoluzione. Nell’intento di ottenere risultati della massima generalità, nel secondo volume della sua Introductio, tra l’altro per la prima volta figurano le equazioni per la trasformazione delle coordinate ortogonali in coordinate polari. L’appendice della Introductio costituisce il contributo più significativo alla prima esposizione manualistica della geometria analitica solida.

Dalla Rivoluzione Francese a tutto il diciottesimo secolo

Con la Rivoluzione Francese, verso la fine del diciottesimo secolo, Adrien Marie Legendre (1752-1833) apportò un valido contributo con gli Elements de geometrie e si affermò l’Ecole Polytechnique, nella quale con Gaspard Monge (1746-1818) appartenente anche all’Ecole normale (creata anche durante la Rivoluzione Francese), con Lazare Carnot (1753-1823) e Jean-Victor Poncelet (1788-1867) fiorì la geometria moderna. La geometria descrittiva non fu l’unico contributo dato da Monge alla matematica dello spazio: all’Ecole Polytechnique egli tenne anche un corso sull’applicazione dell’analisi alla geometria, la cui espressione abbreviata geometria analitica fu coniata dopo, ma il corso tenuto da Monge con i Feuilles d’analyse (dal 1795) era essenzialmente un’introduzione alla geometria differenziale, per cui si può affermare che detto corso fu il prototipo dei programmi, ancora attuali, di geometria analitica solida. Dal 1797 con Mascheroni si ebbe la geometria del compasso.

Cenni sulla geometria dall’ottocento in poi

Agli albori del diciannovesimo secolo Lazare Carnot si continuò ad occupare della Géomètrie de position. Nel 1816, con l’espulsione di Carnot e di Monge, all’Ecole Polytechnique venne nominato Augustin Cauchy (1789-1857), il quale pur non attratto dalla geometria nelle sue varie forme, nel 1811 presentò una generalizzazione della formula di Descartes-Eulero relativa ai poliedri: S+2=F+V (dove S, F, V sono rispettivamente il numero degli spigoli, delle facce e dei vertici di un poliedro) e tra l’altro dimostrò il teorema del triangolo del Fermattre. A partire dal 1829 con Nikolai Ivanovic Lobacevskij (1772-1865) si ebbe la geometria non euclidea detta iperbolica. In essa, pur conservando tutti gli altri assiomi euclidei, si ammette che dati in un piano una retta e un punto esterno ad essa, per il punto passano almeno due rette che non incontrano la retta data (assioma di Lobacevskij). Fra queste rette soltanto due si dicono parallele alla data retta; precisamente, quelle che separano le secanti dalle non secanti rispetto ad essa. In tale geometria si può dedurre che la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di un angolo piatto; diversamente da ciò che succede nella geometria euclidea, nella quale la somma degli angoli interni di un triangolo è un angolo piatto. Ora è naturale chiedersi se il precedente postulato di Lobacevskij si possa sostituire col postulato secondo cui dati in un piano una retta e un punto esterno ad essa, ogni retta che passa per il punto incontra la retta data; o, equivalentemente, due rette qualsiasi di un piano hanno sempre un punto in comune (assioma di Riemann) Ebbene, se si conservano tutti gli altri assiomi euclidei, allora quest’assioma risulta in contraddizione con quelli. Perciò se si vuole avere una geometria di ispirazione euclidea, ma in cui valga il suddetto assioma di Riemann, allora bisogna rinunciare a qualcun altro degli assiomi euclidei. Su tale argomento sono stati dati contributi fondamentali da G. F. Bernhard Riemann (nato nel 1826 in Germania a Breselenz, vicino ad Hannover, e morto nel 1866 a Selasca, in Italia).
Le indagini intorno alla questione delle parallele sono state fatte con grande cura anche da eminenti matematici come Gerolamo Saccheri (1667-1773), Carl Friedrich Gauss già citato avanti, Farkas e Janos Bolyai padre (1775-1856) e figlio (1802-1860) (quest’ultimo anticipato di poco per la grande scoperta attribuita a Lobacevsky), Felix Christian Klein (1849-1925), Eugenio Beltrami (1835-1900) e molti altri.
La parte maggiore del merito di aver gettato le basi della geometria non-euclidea spetta al Lobacevskij, ma essa per diversi decenni continuò a rappresentare un aspetto marginale della matematica fino a che non venne incorporata in questa come parte integrante attraverso le concezioni generali di Riemann, che nel 1854 diventò Privatdozent all’Università di Gottinga, dove pronunciò la più famosa dissertazione di abilitazione della storia della matematica con un’ampia e profonda visione dell’intero campo della geometria. La tesi “Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria” non forniva alcun esempio specifico, sosteneva invece una visione globale della geometria come studio di
varietà di un numero qualsiasi di dimensioni in qualsiasi genere di spazio. Infatti, le geometrie di Riemann sono non-euclidee in un senso molto più generale di quello di Lobacevskij, dove si tratta semplicemente di stabilire quante rette parallele sono possibili per un punto. Nella sua lunga carriera il grande studioso Gauss espresse per la prima ed ultima volta la propria ammirazione per l’opera di un altro matematico, cioè Riemann. Oggi l’espressione “geometria di Riemann” viene usata per indicare quella particolare geometria piana che si ottiene partendo dall’ipotesi dell’angolo ottuso di Saccheri nel caso in cui si abbandoni anche la prolungabilità dei segmenti, ed un modello di questa geometria è dato dall’interpretazione di “piano” come superficie di una sfera e di “retta” come cerchio massimo della stessa.  Se Monge era stato il primo geometra in senso moderno, Julius Plucker (1801-1868) nel 1829, mediante l’introduzione di un importante punto di vista, diventò il primo geometra analitico. Allievo e assistente di quest’ultimo fu Klein, che può essere considerato il suo successore per la dedizione alla geometria analitica e la sua opera rappresenta il culmine dell’età eroica della geometria, inoltre egli è noto per aver dato prova della coerenza logica delle geometrie noneuclidee, dimostrando che sono casi particolari della geometria più generale, cioè quella proiettiva e dando il contributo dei nomi di geometria ellittica e di geometria iperbolica a quelle corrispondenti alle ipotesi dell’angolo ottuso e a quella dell’angolo acuto. Ora, appare opportuno citare Eugenio Bertini (1846-1933), allievo di Luigi Cremona (1830-1903), tra i primi a capire l’importanza nel fissare l’attenzione sulle proprietà invariantive, effettuando il passaggio, dal punto di vista proiettivo del Cremona, al nuovo ramo della geometria algebrica, nel quale prevale la classificazione e lo studio delle involuzioni nel piano e pure notevoli sono state le sue ricerche sulla geometria proiettiva degli iperspazi. Altro grande italiano fu Corrado Segre (1863-1924) la cui opera si è esplicata principal mente nella geometria proiettiva degli iperspazi e nella prima fase di quella algebrica. Egli fu il caposcuola della geometria italiana, i cui maggiori cultori, anche successivamente, furono Castelnuovo, Enriques, Severi e altri; tra i quali con Ugo Morin (1901-1968) e Franca Busulini3, l’autore si permette di ricordare suo padre Vincenzo Carolla (1903-1969) – che con essi partecipò a numerosi convegni – per un pregevole lavoro di geometria degli iperspazi: La massima dimensione dei sistemi lineari di curve piane di dato genere p4, di cui si era occupato il Castelnuovo. Nel 1899 David Hilbert (1862-1943)  pubblicò il volumetto Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria), che divenne subito famoso e fu tradotto in diverse lingue. Hilbert fu tra i primi a dare alla geometria un assetto puramente formale e assiomatico, già riscontrabili nell’algebra e nell’analisi, formulando per la geometria un insieme di ventuno assiomi. Altri matematici ne proposero alcuni alternativi o sostitutivi, facendo emergere sin dall’inizio del secolo il carattere formale e deduttivo della geometria. Andrebbero citati tanti altri matematici del diciannovesimo e del ventesimo secolo; in particolare nel panorama italiano degli studi sui fondamenti della geometria di fine Ottocento sono sicuramente di grande rilievo le ricerche di Giuseppe Veronese (1854-1917) con l’approccio in termini sintetici alle basi della geometria quadridimensionale. Egli così scriveva: “Il metodo da me seguito è principalmente sintetico e intuitivo, come nelle altre mie memorie sulla geometria a n dimensioni. […] per me il punto, la retta, il piano e lo spazio a tre dimensioni in quello a n dimensioni sono elementi di natura nota, cioè hanno sempre lo stesso significato, quello che posseggono nello spazio ordinario; e quindi i corpi a più di tre dimensioni generati con questi stessi elementi sono essi stessi intuitivi, perché vengono rappresentati nelle nostra mente non già mediante equazioni, ma mediante figure geometriche”. Veronese cercherà il riferimento, la garanzia euclidea per i suoi studi mediante le trasformazioni proiettive e descrittive, le quali permettono di rappresentare ad esempio un oggetto dello spazio quadridimensionale nello spazio tridimensionale e quindi di seguito, sempre tramite proiezioni, nello spazio bidimensionale: fondamentale il suo lavoro del 1884 La superficie omaloide normale a due dimensioni e le sue projezioni nel piano e nello spazio ordinario. A questo punto sono da evidenziare i contributi funzionali della scuola di Giuseppe Peano (1858-1932), che con la scuola di geometria algebrica costituiscono due posizioni che confrontate fanno emergere chiare differenze. Dietro all’apparente eclettismo della sua opera (in quanto sembra spaziare nei campi più disparati, dall’analisi alla geometria, dall’aritmetica alla logica) si nasconde un unitario interesse per i fondamenti della matematica. Benché numeri e punti siano gli oggetti fondamentali della matematica classica, incentrata appunto su aritmetica e geometria, essi hanno qualcosa che si contrappone perché i numeri sono tutti diversi, i punti sono tutti uguali. Dell’aritmetica era sensato cercare una fondazione logica che definisse ciascun numero isolatamente, della geometria si poteva immaginare solo una fondazione assiomatica che descrivesse i punti in maniera generica e questa ultima determinò l’interesse di Peano per la geometria. Egli, in particolare, dedicò all’assiomatizzazione della geometria molti articoli e quattro libri, nel 1888 il Calcolo geometrico, nel 1889 I principi di geometria logicamente esposti, nel 1891 Gli elementi del calcolo geometrico e nel 1894 Sui fondamenti della geometria. Molti lavori furono ottenuti dalla sua scuola da M. Pieri ed egli perciò si deve ritenere debitore a H. Grassmann (1809-1877) e a Moritz Pasch (1843-1930)  per l’ispirazione: due dei libri sviluppano il calcolo geometrico inventato nel 1844 da Grassmann. Per quanto riguarda l’assiomatizzazione della geometria Peano adottò, pur migliorandola, l’impostazione di Pasch del 1882, con vantaggi e svantaggi rispetto all’assiomatizzazione di Hilbert, del quale non ha raggiunto la perfezione del lavoro e la popolarità. Ma il suo nome viene ancora oggi ricordato in relazione agli assiomi di Peano dai quali dipendono molte rigorose costruzioni.

Gli studi ai nostri giorni

Ai nostri tempi l’interesse per gli studi matematici coinvolge molti studiosi. Solo negli Stati Uniti, fino a qualche anno fa, si trovavano oltre 50000 matematici organizzati in associazioni nazionali e si pubblicavano al mondo più di 1500 riviste e periodici di argomenti matematici, con almeno 25000 articoli di ricerca o di rassegna all’anno. Negli ultimi cinquanta anni, a detta di Franco Pastrone, si è creata più matematica che nei precedenti duemilacinquecento anni di storia di questa disciplina. Uno stuolo di studiosi gira il mondo facendo conferenze, seminari, partecipando a congressi, simposi, convegni, incontri di matematica in cui vengono proposte nuove teorie. In tempi recenti si è assistito ad un gran movimento di una categoria di matematici (i cosiddetti geometri algebrici) a causa della asserita dimostrazione del famoso ultimo teorema di Fermat (enunciato e non dimostrato da Pierre de Fermat nel 1600 circa), finalmente dimostrato da Andrew Wiles e pubblicato nel numero di maggio 1995 degli Annals of Mathematics in due saggi di centotrenta pagine in tutto, che furono i manoscritti più scrutinati della storia. Il fermento è ancora dovuto sia al fatto che questo teorema aveva costituito argomento di discussione da più di tre secoli e i vari tentativi di dimostrazione e questa ultima hanno condotto e stanno conducendo a risultati ben più vasti delle semplici implicazioni iniziali, sia al tentativo di controllare l’esattezza della dimostrazione, però ormai assodata, e di individuare eventuali pecche, trattandosidi prova lunga, complessa, astrusa, di difficile comprensione. Già da qualche anno, d’ausilio alla didattica e alla ricerca vi sono alcuni softwares di geometria statica e dinamica. Tutta la geometria è alla portata di poche “digitazioni” al computer, anche con software di geometria interattiva, che con semplici e veloci operazioni permettono di realizzare complicate costruzioni geometriche con un numero infinito di parametri; ciò anche solo con l’uso di calcolatrici grafiche ed eventualmente simboliche”.

tratto da  Su alcune note di storia della geometria

OBIETTIVO DEL CORSO

Acquisire una piena consapevolezza del ruolo della geometria nello sviluppo della civiltà e nello sviluppo cognitivo individuale, con particolare riguardo alle abilità di orientamento spaziale, di percezione, descrizione e trasformazione delle forme e delle figure geometriche sia partendo da un riferimento soggettivo – percezione di sé e del proprio corpo – che oggettivo. Saper osservare, raccontare e interpretare il comportamento geometrico – spaziale di un bambino o di un adulto che scopre le figure classiche (rette, semirette, segmenti, angoli, poligoni, cerchi, coniche, poliedri) ed alcuni esempi di figure non convenzionali (polimini, frattali); che descrive la propria stanza, la propria abitazione, il proprio quartiere, la propria città; che descrive in modo essenziale il proprio corpo ed il suo movimento. Saper descrivere un viaggio, un cammino, un percorso reale o progettato, riferito al presente, al passato o al futuro, con diversi mezzi di trasporto, sia in termini oggettivi che soggettivi. Saper usare le mappe concettuali per descrivere le conoscenze di tipo geometrico (sia di tipo ingenuo che di tipo scolastico) di un bambino della scuola primaria e le relative strategie di apprendimento e di insegnamento. Saper osservare e rappresentare i processi di soluzione di alcuni tipi di problemi di geometria. Saper osservare e descrivere le strategie di decomposizione e di costruzione di figure complesse (oggetti della vita quotidiana, edifici, oggetti prodotti dal design). Saper riconoscere e descrivere le funzioni e la professionalità di un docente che insegna matematica, con particolare attenzione all’ insegnamento della geometria. Riconoscere il ruolo e la professionalità del docente nella scelta dei libri, dei sussidi didattici e nella definizione dei progetti di attività strutturate. Capire le interazioni possibile del docente stesso con i vari ambienti che ruotano attorno alla scuola. Saper interpretare lo stile cognitivo di un bambino ed il suo atteggiamento nei confronti della matematica partendo dall’analisi dei suoi lavori sui quaderni o su altri supporti. Saper leggere ed interpretare i programmi e le indicazioni ministeriali alla luce delle impostazioni epistemologiche sopra indicate, dimostrando la capacità di progettare delle unità di apprendimento efficaci in funzione di obiettivi ben definiti.

PROGRAMMA DEL CORSO
SPAZI, FIGURE, TRASFORMAZIONI: PERCORSI, MISURE, RAPPORTI E PROPORZIONI
Impostazione costruttiva e metacognitiva del corso (se faccio, capisco, imparare a imparare). Cosa ci dicono la scienza cognitiva della matematica e l’informatica della mente sulle competenze geometriche che sono in noi. La geometria dei libri scolastici e la geometria di strada: sapere e saper fare. Orientarsi nello spazio: i popoli primitivi ed i nuovi mezzi elettronici (Google Earth, sistemi di navigazione satellitare tipo Gps). Riconoscimento di figure semplici e complesse e loro rappresentazione. Si può parlare di geometria per non vedenti? L’astrazione come estrazione dal concreto (F. Enriques) ed il principio di realtà (E. Castelnuovo). La topologia, i grafi, la geometria della nostra famiglia. Pavimenti e tassellazioni. Le simmetrie del piano. Rappresentazione di figure geometriche elementari e combinazione vincolata di figure semplici con il tangram. Le costruzioni geometriche e le soluzioni di alcuni classici problemi di geometria. La geometria nascosta nelle popolazioni primitive (P. Gerdes). La geometria frattale, le acconciature di alcune popolazioni africane, i tappeti degli indiani Navajos. Soluzione di problemi geometrici collegati ai giochi sulla sabbia dei bambini africani (disegni Sona). Sussidi e metodologie di rete per imparare ed insegnare la geometria, come Cabri geometrie II plus, Iplozero, QQ.storie (in particolare. Julirde, QQ.kandinski e QQ.infiorate).

BIBLIOGRAFIA
Testi obbligatori
G. LARICCIA, Guida a Matelsup2, Book-jay.it (in preparazione).
G. LARICCIA, Informatica della mente, Book-jay.it, 2010 (valido per tutti gli esami del Prof. Lariccia).
G. LARICCIA, I fantastici mondi di Iperlogo, Book-jay.it, 2010 (valido per tutti gli esami del Prof. Lariccia).

Inoltre un testo a scelta tra i seguenti
R. XOMPERO, A scuola con il Tangram, Book-jay.it, 2010.
D. NIBALI, A scuola con i Sona, Book-jay.it, 2011.
S. FERRARIO, La vera storia di QQ.storie, Book-jay.it, 2010.
B. BANDO IRVIN, Geometria con i blocchi colorati, Erickson, Trento, 1997.
A. SARTORE DAN, I disegni periodici in geometria, Erickson, Trento, 1998.
C. COLOMBO BOZZOLO-A. COSTA, Nel mondo della geometria, Erickson, Trento, 2003 (un volume a scelta tra i vol. 1-6, da definire con il docente).
Sitografia
http://matelsup2.wikispaces.com (sito di riferimento del corso).
http://iplozero2009.wikispaces.com (sito di riferimento per Iplozero).
http://qqstorie.wikispaces.com (sito di riferimento per QQ.storie).
http://maps.google.it/ (sito che consente di esplorare il proprio quartiere e la propria città nonchè di disegnare diversi tipi di percorsi).

Anche quest’anno, per l’esame del Prof. Lariccia Matematiche Elementari da un punto di vista superiore (A), mi è stato dato il compito di aprire un blog in cui inserire riflessioni, pensieri, aspettative e curiosità relative al mondo della geomatria.

Adorando scrivere… quindi l’idea del blog l’accolgo sempre molto volentieri!

Questo blog deve contenere una ventina di interventi che ripercorrano la storia del mio percorso di riavvicinamento o di riscoperta della geometria, attraverso una serie di approfondimenti quali:

– COME MI VEDO, COME MI RAPPRESENTO

– LO SPAZIO IN CUI VIVIAMO E COME LO PERCEPIAMO

– LE FORME CLASSICHE E INCONSUETE

– I PERCORSI E I MEZZI DI TRASPORTO

– LE FORME COMPLESSE E LA LORO RAPPRESENTAZIONE DA PARTE DI ARTISTI, ARCHITETTI, GRAFICI, SCENOGRAFI ECC.

Al lavoro dunque!